5.000 mq di superficie espositiva ricavati nei cinquecenteschi Arsenali Medicei ospitano raccontano mille anni di storia, quelli compresi tra il III secolo a.C. e il VII d.C.. I quasi 8.000 reperti esposti ci ricordano che il rapporto di Pisa col mare risale a ben prima che diventasse una Repubblica Marinara. Il Museo delle Navi di Pisa è il risultato di una straordinaria scoperta e di un ventennio di ricerche e restauri.
Non poteva essere scelto contenitore più coerente per ospitare il più grande museo di imbarcazioni antiche. Il Museo delle Navi di Pisa si trova infatti all’interno degli splendidi Arsenali Medicei, progettati a metà Cinquecento da Bernardo Buontalenti per conto del Granduca Cosimo I.
L’imponente struttura, affacciata sul corso del fiume Arno, nasce come cantiere per la produzione delle imbarcazioni delle flotte stefaniane, ma da quando l’attività cantieristica venne trasferita a Livorno, la sua destinazione d’uso cambiò più volte: prima magazzino, poi fabbrica di saponi, per finire la più importante scuderia di stalloni del Regno d’Italia.
Le vicissitudini degli Arsenali sono ancora oggi visibili grazie a un’intelligente opera di restauro, che ha saputo valorizzare non solo il contenuto dell’esposizione ma anche il suo storico contenitore.
Quando nel 1998 lo scafo di una grossa imbarcazione di legno fece capolino all’interno del cantiere per la costruzione della stazione di Pisa-San Rossore, gli archeologi capirono subito di essere di fronte a un evento eccezionale.
Pian piano numerose altri relitti vennero alla luce, e con loro gli alberi, le vele, le ancore e i carichi che trasportavano; e poi ancora monete, vestiti e altri oggetti di uso quotidiano nella vita di bordo, per un totale di quasi 8.000 reperti.
Il cantiere delle navi antiche è un’impresa scientifica durata 20 anni, che ha visto il coinvolgimento di oltre 300 persone tra archeologi, restauratori, architetti, storici dell’arte e personale tecnico delle Sovrintendenze, e che ha fatto scuola nel delicato campo dell’archeologia delle aree umide tanto da formare il Centro di Restauro del Legno Bagnato, unico in Italia e di importanza internazionale.
Per capire il contesto di rinvenimento delle navi di Pisa-San Rossore, bisogna immaginarci come appariva il territorio in epoca romana.
La città era allora lambita da due fiumi, l’Arno e l’Auser, ciascuno dei quali sfociava a poca distanza con un delta pieno di ramificazioni. Nei pressi della stazione di Pisa-San Rossore, una fitta rete di canali fungeva da approdo e costituiva l’ingresso in città per chi arrivasse dal mare.
I disboscamenti di età romana e l’intensa attività produttiva, che aveva aumentato la quantità di detriti interrando le vie d’acqua, provocarono un vero e proprio dissesto idrogeologico. I fiumi spesso andavano in piena e, quando sulla costa batteva libeccio, l’acqua anziché sfogare in mare tornava indietro con forza, causando violente esondazioni che avvenivano con cadenza quasi regolare ogni 80-100 anni dal I al V secolo d.C..
Sono proprio le disastrose alluvioni responsabili dei naufragi ad aver consentito l’eccezionale stato di conservazione di cui godono le imbarcazioni e altri reperti in materiale altamente deperibile come giacconi di pelle, sandali di legno, cesti di vimini, scheletri umani e animali e persino acini d’uva e noccioli di pesca.
Seppellite dai fanghi insieme al loro contenuto, le Navi di Pisa sono rimaste per millenni in un ambiente privo di ossigeno che, impedendo la proliferazione di funghi e batteri, ce le ha restituite intatte, dando alla luce una Pompei del mare.
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