Antiche case di pietra, sotterranei comunicanti, passaggi segreti e una doppia cortina di mura. A dominare il borgo la possente torre di Castruccio Castracani. Questa è Ghivizzano, un minuscolo borgo nella valle del Serchio che vale la pena esplorare, magari insieme a Barga e Coreglia Antelminelli.
Ogni volta che vado in Garfagnana, due splendide vedute mi dànno il benvenuto nella valle. Superato Borgo a Mozzano, subito dietro la curva si apre la vertiginosa sequenza di arcate del Ponte del Diavolo; dopo appena qualche chilometro, sulla sponda opposta del Serchio, ecco la sagoma inconfondibile di Ghivizzano, delimitata dal campanile della chiesa castellana e dalla torre di guardia della rocca.
Siamo a poca distanza da Barga, nel comune di Coreglia Antelminelli. Il nucleo più antico di Ghivizzano sorge su una bassa collina alle pendici del monte Gromignana, mentre il paese moderno si sviluppa nel fondovalle, dove si concentrano tutti i servizi e dove vive la maggior parte della popolazione.
Il borgo dentro le sue mura è veramente piccolo, ma riesce a regalare inaspettate sorprese a chi decide di visitarlo. Un groviglio di vicoli salgono e scendono con ripide scalinate e si insinuano anche sotto i piani terra delle case, movimentate da archi, logge e piccole altane. Tra giardini, corti e balconi fioriti, le stradine lastricate convergono alla rocca, che domina il borgo in posizione sopraelevata.
Nel II secolo a.C. i Romani cominciano la loro opera di conquista della Garfagnana ai danni dei Liguri Apuani. Durante il loro avanzamento costruiscono dei campi militari, i castra, nei punti più strategici della vallata, e Ghivizzano è uno di questi. Il nome del borgo deriverebbe infatti da Clavis, per la posizione chiave in cui si trovava. Da qui Clavidius, Clavidianu, Glavezzano, per arrivare all’attuale Ghivizzano.
Come la vicina Coreglia, durante il Medioevo il castello è giurisdizione prima dei Rolandinghi, poi di un’altra famiglia locale, gli Antelminelli, ma il feudo mantiene a fatica la sua indipendenza, minacciato costantemente da Lucca che alla fine riesce a conquistarlo insieme ai borghi circostanti creando la Vicaria di Coreglia.
All’inizio del Trecento a diventare Signore di Lucca è proprio un Antelminelli, il suo nome è Castruccio Castracani, uno dei più valorosi condottieri che la storia italiana ricordi. A lui si devono i principali interventi di ristrutturazione che daranno al castello la fisionomia attuale, ma che non basteranno a evitare i saccheggi e gli assedi di Fiorentini e Lucchesi, che alla fine si riappropriano del borgo.
Dal Cinquecento, con l’avvento delle armi da fuoco, il castello perde progressivamente la sua importanza e, una volta smilitarizzato, l’abitato inizia a svilupparsi anche al di fuori dalle mura, scendendo fino al fondovalle.
La parte più alta e meglio difesa del castello, residenza del signore di turno e della guarnigione militare. Entrando a Ghivizzano dal Portello ottocentesco posto sul lato nord, possiamo salire comodamente alla rocca usando l’ascensore all’inizio della via Piastronata, oggi via Camilli, oppure attraverso il caratteristico scaleo poco più avanti, che ci conduce alla chiesa dei Santi Pietro e Paolo, alla caserma e quindi alla torre di Castruccio.
La chiesa si trova inizialmente all’esterno della rocca – vi viene inglobata solo con gli interventi di espansione voluti da Castruccio – ma nasce comunque come chiesa castellana, mentre la funzione di chiesa parrocchiale spetta in un primo tempo al piccolo oratorio di Sant’Antonio Abate. Nel Cinquecento, con la smilitarizzazione del castello, gli abitanti di Ghivizzano aumentano di numero e la chiesa di Sant’Antonio si trova ormai circondata dalle case, così si decide di ampliare quella sulla rocca e passare a lei il titolo di parrocchia. Da qui i lavori di ristrutturazione che hanno in parte cancellato il suo primitivo aspetto romanico, che si mantiene tuttavia nella piccola abside e sul prospetto meridionale, con dei begli archetti pensili decorati da protomi umane e animali. All’interno della chiesa, le lapidi sepolcrali della moglie e del figlio di Francesco Castracani, salito al potere di Ghivizzano poco dopo la morte del cugino Castruccio.
La torre si sviluppa su tre piani ed è illuminata da grandi finestre con arco a tutto sesto. Queste ampie aperture, poco appropriate a un uso militare, furono aperte in effetti solo all’inizio del Trecento, quando il Castracani adattò la struttura ad abitazione civile. A onor del vero dovremmo dire quindi che la torre non è propriamente di Castruccio, e che al famoso condottiero si deve solo la ristrutturazione di un edificio che verosimilmente esisteva già da un paio di secoli. Comunque sia, da allora il primo e il secondo piano della torre vennero adibiti a residenza signorile, sotto la zona giorno col camino e sopra la camera da letto, mentre il piano terra, non comunicante con gli altri, fu lasciato a disposizione per il magazzino e per il riparo delle guardie.
Poco oltre la chiesetta di Sant’Antonio si trova la porta storica del castello sormontata dalla facciata di palazzo Ghivizzani, oggi lussuoso Bed & Breakfast di proprietà dei Buonvisi di Lucca. Da qui si accede alla parte più caratteristica del borgo, la via Sossala. Il suo nome, anticamente sub sala, indica proprio la sua particolarità: ricalcando l’andamento delle mura di cinta, la strada passa infatti sotto le sale di palazzo Ghivizzani per riaprirsi più avanti tra le cantine e i seminterrati delle abitazioni. Percorrendola si rimane affascinati dal suo aspetto di camminamento segreto, illuminato solo dalle feritoie da cui un tempo i balestrieri proteggevano il castello in caso di assedio.
Visitare Ghivizzano è sempre possibile, e passeggiare tra i suoi vicoli è un’esperienza che mi sento di consigliare in ogni momento dell’anno. Se volete esplorare la torre e gli interni delle chiese, solitamente chiusi per motivi di sicurezza, possiamo concordare un giorno per visitarli insieme, giusto un minimo di preavviso per contattare i volontari che custodiscono le chiavi.
Ghivizzano Alta non è solitamente molto affollata, e il suo bello sta anche in questo; se però siete amanti delle feste di paese, oppure se siete curiosi di vedere il borgo riprendere magicamente vita, le occasioni che potreste cogliere sono le seguenti:
Cortei storici, giochi, musica, spettacoli di falconeria ma soprattutto tanti prodotti buoni e genuini. Sono questi gli ingredienti di Norcini a Castello, manifestazione enogastronomica organizzata da Antica Norcineria, Slow Food, il Gruppo Storico di Ghivizzano Castello e il Comune di Coreglia. Protagonisti indiscussi i salumi tipici garfagnini tra cui la mondiola, il lardo di gota e il salame prosciuttato e i tre presidi Slow Food della valle, il prosciutto bazzone, il biroldo e il pane di patate.
Dal 1992 ogni anno per una sera Ghivizzano rivive la magia della natività con il suo presepe vivente. Centinaia di figuranti animano le case e le cantine del borgo trasformandole in botteghe, locande e antiche osterie, ognuno impegnato nella propria attività in attesa dell’arrivo della Sacra Famiglia. A tarda serata, Maria e Giuseppe percorrono come da tradizione le vie del castello alla ricerca di un alloggio fino ad approdare alla capanna, allestita nella parte più alta del paese. La rievocazione non pretende di riproporre fedelmente le ambientazioni e gli abiti della Betlemme dell’anno zero, ma piuttosto di rispolverare le tradizioni del borgo unendo il folclore all’artigianato e ai prodotti tipici locali.
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